lunedì 13 settembre 2010

Candidamente

Ho pagato il prezzo della mia cazzata. Ho capito che essere precipitosi ha un prezzo. Condito da qualche velata minaccia.

Aiuterà a migliorarmi, spero. È che quando atterro devo scappare dall’aeroporto. Non ci riesco proprio a stare. Devo correre a casa. Mi da molto fastidio perdere tempo al controllo documenti, e tutti gli altri tempi morti come aspettare il treno, l’autobus, il taxi…non sopporto pensare che per arrivare a casa impiegherò tanto tempo quanto la durata del mio volo dall'Italia.

La prossima volta almeno cercherò di essere più razionale e usare quel cacchio di cellulare per chiamare o rispondere al mio autista e non lanciarmi sul primo taxi che vedo.

Ok. 60gbp e tutti contenti.

venerdì 10 settembre 2010

V.I.P.

Mercoledì 8 Settembre ovvero una serata di pura follia. Due secondi e boom. Sotto i riflettori. E poi pure alla berlina, in vetrina. Vogue Fashion Night out @ Liberty! Credo che mi ricorderò a lungo il mio sorriso. E dopo, alla faccia dei panini di Pret che non hanno nightlife, delirio. Scortato dalla mia P.A.,...È bastato uno sguardo al momento dell’estrazione ed è stata assunta. Alchimia di una amicizia o desiderio di una nuova borsetta?

Il giorno dopo la menta dei mojito mi ha accompagnato credo fino alle 11.30. Fino a quando il nurofen ha anestizzato il mio mal di testa; e con lui dunque le mie papille gustative - che nome stupido, "papilla".

Tuttavia nessuna caduta...lá nel mondo borghese. Grazie a Jesus, il mio concierge preferito. In questo mondo per fortuna esiste chi sa fare bene il proprio lavoro. E chi sa rendere importanti le persone con poche, giuste e calibrate parole. Risultato? Tre paia di scarpe, una montagna di vestiti, libri e borse in pelle e stanza dell'ufficio satura di confezioni Liberty. Da vergognarsi (ma non troppo). Ad ogni modo, maledetto, mi sento in dovere di comprare ora qualche cosa, anche solo una bustina di the all’ultimo piano.

E maledetto brand. A me la Diet Coke non piace, per di più contiene Aspartame, eppure quell’aggettivo qualificativo fa il suo sporco effetto.

Come disse John D Hesse. “A race horse that runs mile few seconds faster is worth twice as much. The little extra proves to be the greatest value”.

Una frase stupida (e soprattutto...chi è questo personaggio???), ma quel “Diet” offre preziosità a una bevanda banale con poche calorie. E rassicura pure la mente. Si può mangiare (uhm...gustare) più serenamente il miglior brownie fatto a mano (e veduto su larga scala) di Inghilterra.

E dunque ora mi trovo con sta bottiglietta in mano e due coglioni di Vittorio al mio fianco. A pochi minuti dall'arrivo. In picchiata.

martedì 7 settembre 2010

¡Strike!

Youtube è micidiale. Ho vissuto tutta la giornata pensando a Remí. E a quando correva in bicicletta lungo l’argine del fiume alla stessa velocità delle barche. Ma non era lui. Ho sbagliato sigla. E quindi me ne torno a una vita a bullet point.

·      Porre attenzione allo Sciopero;
·      Accendere la radio;
·      Sintonizzarsi su radio cuore - London heart;
·      Prendere la bicicletta;
·      Indossare Jeans e via;
·      Non uniformarsi e non fare il treno con altri ciclisti - tanto non hai il fisico;
·      Respirare l’aria pulita - ha piovuto tutta la notte;
·      Permettere che l’umidità entri nei polmoni;
·      Incantarsi guardando Chelsea Harbour e il sole che tra la lunga fila di barche ormeggiate risveglia i profili mozzafiato di questa Londra alle 8 e un quarto del mattino;
·      Osservare il fiume, la marea bassa e i palmipedi che vanno anche loro a lavorare;
·      Ricordarsi che sullo sfondo mancano solo i maiali - Battersea power station;
·      Sorridere all’incontro del VIP di turno con berretto NY, cappuccio, e Ray-Ban a specchio che fugge alla sua notorietà;
·      Si fermerà? Chissà;
·      Comprare carta igienica.

venerdì 3 settembre 2010

Tai calamari and Windows places @ Busaba Eatha, Soho.

Ecco mi hanno fatto passare avanti. La fortuna di essere "single".

Un tizio accanto a me, perché in realtà siamo in tanti in questa situazione (mancanza di vera comunicazione), ha fatto quello che avrei voluto fare io. Comprare un libro. E lo sta pure leggendo. Sono passato da Waterstone ma la fretta del commesso (otto meno due minuti) ha evitato imbattermi nella penosa classifica dei libri più venduti in UK. Ho cercato le riviste, ma niente. Sezione già chiusa.

Io, le finestre e i calamari, dunque. Soli.
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...somewhere.

martedì 31 agosto 2010

Suntoucher

Mezza pinta è la nuova parola magica. Come il mio nuovo strano appuntamento a St. James Park, almeno una volta la settimana, entro le sette altrimenti trovo il cesso chiuso. E scarico il dovuto liquido.

Tuttavia rimane sempre un parco grazioso, che ha accompagnato spesso la mia pausa pranzo. Un piatto di pasta per asporto tra le gambe, parmigiano on the top, e la ruota alle spalle. Fiera che si va, ruota che si incontra, ovvio...

Cammino verso il ponte che taglia a metà la pozza, in mezzo a fotografie composte in maniera banale (ma i ricordi non lo sono mai), in mezzo ad animali che dovrebbero solo vergognarsi per il loro vile servilismo, in mezzo a zaini e borse che si muovono accanto a coppie pallide senza passione. Troppa poca passione. Tanti, troppi momenti sprecati. Tanto meglio. La passione, forse, se la tengono solo per leggere libri totalmente inutili. Meglio ucciderla. Perché la passione vela la mente e la può fare svenire. Come la novalgina, che butta giù la pressione quando si ha la febbre alta. E una vita senza Bullet Points non è una vera vita British.

E poi, attraverso la strada del fato, sfiorando l’acqua che sgorga timidamente da una fontana e giungo al cancello che ogni volta mi ricorda il passaggio di via Vescovado (primo rito dell’età “moderna” ovvero fare le corna in tasca pregando così di non essere interrogato alla mattina) e che mi allontana sempre da “qualcosa”. Tutto scorrere lentamente, anche il sangue (cose difficili).

Tant’è che aspetto la mia metro con serenità. La mia metro, verso la destinazione a cui voglio andare. Non è mai la prima a caso che capita. Non mi faccio prendere dalla frenesia. Aspetto, ai bordi della pensilina. Guardo, sono spesso circondato dalla solita massa. Aspetto la metro che io sceglierò e che mi porterà a casa.

Voglio la metro di nicchia, che mi faccia vedere le bucce d’arancia sul Tamigi.

domenica 22 agosto 2010

Este Maldito Humo.

Il sole delle sette di sera mi acceca. Entra violento dal finestrino, subito dopo Fulham, quando si esce di nuovo all’aria aperta. Amo il calore di questo sole e i colori che riempiono questo momento. Io amo. Amo la sensazione di essere dentro una vecchia foto polaroid, i cui colori sono oramai sbiaditi e tendono ad una unica tonalità, tra leggere sfumature. Pochissima nitidezza, contorni spappolati, aberrazioni cromatiche. Ma rimane sempre una bella immagine, molto carica di energia, soprattutto perché il corpo, e l’animo, ne ha veramente bisogno, dopo una giornata in ufficio. Il corpo sta zitto, non chiede ristoro, lo aspetta. “Tutututu” come quando il dottor Freeman ricarica la sua HEV suit...Aaah fully recharged.


Potesse l’uomo essere capace di riprodurre quell’immagine, diventerebbe un santino da tenere in portafoglio o dentro il cassetto. Con proprietà taumaturghe capaci ovviamente di alterare la percezione della realtà. Quando la banalità dispensa felicità.

Infatti quasi danzo, leggiadro, circondato da mille riflessi, mi muovo, mi emoziono ma in realtà è come se tutto rimanesse fermo. Addirittura le stazioni successive arrivano all’improvviso, e se non fosse per la bellezza del fiume che si manifesta davanti a me e che mi risveglia, correrei il rischio di arrivare a Wimbledon. Quella massa di acqua schifosa ha il suo fascino, ogni tanto. Un fiume vivo il Tamigi. E quindi ogni tanto pure lui ha bisogno di sedurre.

E il profilo di Puney Bridge, al tramonto, i suoi lampioni che si ergono dritti tra gli autobus a due piani, i riflessi e le ombre sull’acqua sono già piccoli frammenti, ricordi che porterò dentro. Magari non un tatuaggio, ma una cartolina che, ogni tanto, amerò guardare, incurante di rovinarla.

martedì 17 agosto 2010

Vegetable Moussaka

Rientrato. Sano e salvo. Per fortuna giorni di sole, di felicità e anche, diciamo senza tanti patemi, spensieratezza e agiatezza. Oggi però primo giorno di scuola. Solita minestra riscaldata fatta di metro e acquetta putrida per strada. In alcuni punti è meglio cambiare marciapiede altrimenti gli schizzi delle pozzanghere rimangono verdastri sul completo da uomo. A volte lo indosso, anche quando non è necessario. Dipende da come mi sveglio. A volte mi sento sportivo e la mia pelle vuole sentire la sensazione che solo il jeans sa dare. Altre volte mi sento "diverso" e quindi so diventare molto elegante.

Dopo dieci giorni ho di nuovo allacciato l’orologio al polso. Un peso sinistro divenuto quasi sconosciuto. Ora ho solo paura che mi tolga l’abbronzatura. In confronto al pallore quotidiano che mi circonda mi sento molto cioccolata. Non come quella fondente che vendevano in gelateria. Buona, certamente, ma io preferivo il pistacchio. Mai mangiato di così buono. Morbido e cremoso. Come un Cohiba Esplendido.

Ringrazio, per quei giorni. E per non avere incontrato questa mattina facce piangenti in metro. Sono terribili. Soprattutto quando ci si sveglia con il piede sbagliato e non si ha voglia di scendere dal letto e affrontare la giornata. Incontrare qualcuno che piange in metro, alla mattina, verso la City, è una piccola pillola indigesta. Pensare che c’è qualcuno che sta peggio, non fa bene, è solo zucchero che addocisce un amaro risveglio. È un colpo allo stomaco che può far barcollare. Soprattutto perché ci si accorge che attorno a queste situazioni esiste una indifferenza ridicola. Ci si nasconde infatti dietro un libro, un giornale o si abbozza un finto sonno. Ovvio che io invece elemosinerei solo un abbraccio.

Stamattina è dunque andata bene. Ehm...Sarà perché leggevo un libro? O Sarà perché le porte della metro si sono fermate esattamente davanti a me? Avevo di fronte a me la fessura nera. Una posizione del cazzo per chi come cerca sempre di prendere l'autobus al volo. In una frazione di secondo, se non si vuole essere travolti da chi scende, si deve scegliere se spostarsi a destra o a sinistra. E qualunque sia la scelta, so già che non sarà mai quella giusta perché ci sarà sempre qualcuno in mezzo alla palle. La posizione migliore è stare un attimo defilati, assumere la posizione da "calcio d'angolo", smarcarsi e entrare dritti nel centro. La peggiore vicino alla corrozzeria, ai margini della porta. Ci si sporca la giacca stando lì. E lo so che ora non si capisce nulla di quello che scrivo. Ma sono già avanti, ho altro per la testa. Ovvero la scelta di cosa mangiare a pranzo.

Oddio, la scuola è iniziata veramente.