martedì 13 luglio 2010

Non mi avrete mai.

I pranzi di lavoro non mi piacciono ma a volte sono necessari. A volte possono essere gradevoli, dipende dal cliente e da come si è capaci a "incanalare" i discorsi. Ovviamente bisogna essere molto “open minded”, avere una conoscenza del mondo molto ampia, avere l’umore giusto (evitare quindi di ascoltare "O’Capitone"!) e essere intelligentemente ironici. Mica facile dunque!

Piccolo e breve elenco di ristoranti "business" visitati a Mayfair:
  • Hibiscus: fenomenale ristorante dove il cibo viene quasi violentato. Cucina quindi molto moderna che può anche non piacere.
  • Alloro: deludente ristorante italiano, ma d’altronde quando dietro ci sta un gruppo finanziario non ci si può aspettare granché. (Nota: ci scommetto un testicolo che anche dietro agli altri ristoranti ci sono dietro delle holding finanziarie, ma almeno non lo pubblicizzano sul tavolo! In più:
  1. la cameriera non può urlare al telefono "sei una testa di minchia, stronzo sei tu che mi devi i soldi" (allucinante...);
  2. certe inglesi che si toccano i piedi e si sistemano la suoletta interna delle scarpe a tavola devono essere "semplicemente fucilate" (citazione).
  • Francos: uhm...dire che odio i suoi fottutissimi fumatori di sigari può bastare? Non credo, un giorno racconterò...
  • Rowley’s: storico ristorante inglese, ottimo pesce ma da quando ha messo i vouchers 50% di sconto tra le 17.30 e 19.00, mi è caduto un po' in disgrazia.
  • Dolada (ex Mosaico): a volte abbondano di olio ma cucina molto gradevole.
  • Nobu: semplicemente...overrated, moooooooooolto meglio, anche se totalmente diverso, Dover Street Market.
  • Gaucho: una catena che si sa far rispettare, anche nel prezzo.
In ogni caso, forse solo da Hibicus si esce veramente soddisfatti, perché oltre al cibo, c'è l'esperienza. Da andarci quindi una volta sola nella vita, non di più. Il resto è un po' "acquetta". Del resto, piove spesso.

venerdì 9 luglio 2010

Bavette (solitarie) alle vongole


Ingredienti per una persona:
  • (un po' meno di) un etto di bavette Giuseppe Cocco;
  • 80gr di vongole già cotte (questo passa il convento…);
  • 2 spicchi di aglio;
  • Olio extra vergine di oliva;
  • Prezzemolo, possibilmente fresco.



Dando per scontato che sappiate cucinare un piatto di bavette al dente, mentre l’acqua bolle, rischiacquate bene le vongole e fatele saltare a fuoco medio su un tegamino con olio e due spicchi di aglio. Fate attenzione che l’aglio non si bruci. Quando l’aglio inizia a rosolarsi, aggiungete un cucchiaio di vino bianco, spegnete il fuoco e aggiungete il prezzemolo.

Scolate le bavette e fatele saltare per qualche minuto con le vongole che avete nel frattempo preparato. Servite il tutto su un piatto, possibilmente quadrato. Accompagnate il vostro piatto con un Sauvignon Blanc Vallée de la Loire e servitelo al tavolo con in sottofondo “parlami di amore Mariù” cantata da Tino Rossi, ma banzando come Vittorio de Sica e Lia Franca in “Gli Uomini che mascalzoni...”.

lunedì 5 luglio 2010

PRICELESS!!!

Shaving (in the office) and run out of the building due to a fire alarm? PRICELESS!!!


Waiting for your wife for 50 min. in an empty airport because she is still having a dinner with friends? PRICELESS!!!


Studying commercial law during your daily commuting and find some BOOBS? PRICELESS!!!

giovedì 1 luglio 2010

A Single Man.

Mio padre non ha mai sopportato che ascoltassi la musica com il walkman perché diceva che mi estraniava dal mondo. E il mondo, diceva, va affrontato, non evitato. 
Il primo walkman è stato un Philips vinto con i corsi di lingua francese che uscivano in edicola. Se sono stato "fluent" in francese è solo merito di mia madre,  in quanto il francese era l'unica sua lingua conosciuta (e quindi si trattava di una forma di controllo indiretta che esercitava su di me). Il Philips era un aggeggio mostruosamente grande con le casse e microfono incorporato per ascoltare le lezioni e ripeterle registrando la propria voce. Ok tecnicamente i puristi non lo condirebbero un walkman....ma io lo mettevo dentro lo zaino, nella tasca alta dell'Invicta e ascoltavo musica, camminando.
Il secondo walkman è stato, credo un LG, color bordeaux andato distrutto spiccicato nello zaino contro una pesca dimenticata durante una gita scolastica. Me ne sono accorto solo quando oramai avevo il culo che sapeva da pesca. La pesca aveva fermentato e sgocciolava da un angolo dello zaino.  La pesca, sotto il sole, era fermentata coinvolgendo nel processo tutti gli ingranaggi del walkman, che a sua insaputa era diventato un esempio di Bellini analcolico post moderno.
Infine sono arrivati gli AIWA che mi hanno accompagnato negli anni fino all'avvento dei  lettori mp3.

...però c'è stato un periodo durante il quale ho ascoltato mio padre. Niente musica di sottofondo alla strada, alle persone, ai rumori.
Credevo molto ai rumori e alle persone...perché sapevo che nei rumori e nelle persone potevo trovare, all'improvviso, un minuto di rivelazione...anzi, meglio, una  frazione di secondo che tutto rileva. E senza l'uso di alcol o droghe. Solo momenti di rivelazioni...vivere. E che vivere! (???)
E poi...e poi cazzo si cambia senza neppure accorgersene. Si perde qualcosa di se stessi con una facilità tale che a volte la vita sembra quasi un B52. Scivola via, scende veloce giù per la gola, bruciando e senza lasciare un gusto gradevole.
"A few times in my life I've had moments of absolute clarity, when for a few brief seconds the silence drowns out the noise and I can feel rather than think, and things seem so sharp and the world seems so fresh, as thought it had all just come into existence.  I can never make these moments last. I cling to them, but like everything, they fade. I have lived my life on these moments. They pull me back to the present, and I realize that everything is exactly the way it was meant to be".

giovedì 24 giugno 2010

Insonnia Estiva

summer insomnia
summer insomnia,
originally uploaded by al_rave.
uhm...quelle notti di estate...dimenticate...calde...in cui tutto sembra fermo....quando sento solo il corpo sudare...una città dorme mentre sto statico a fissare quelle poche cose che si muovono...magari le stelle...la luna...l'inceso che sale...quelle notti in cui a muoversi sono solo gli insetti vicino a te, o una coccinella che ho trovato per caso in bagno...piccole bestiole che è disturbata solo dalla poca luce e che intravedo con la coda dell'occhio...l'acqua nel bicchiere è fresca e la musica scorre con il tempo che passa...tic...tac...domani si lavora, ma non importa. è una insonnia estiva, come quelle di una volta, come quelle padovane, umide e attanagliate dal caldo... e tu chissà dove sei.

lunedì 21 giugno 2010

Smart Sh!T

Questa mattina (lunedì mattina) diciamo ore 7 e qualche cosa (beh per me è mattina presto!!!!), guidavo una Smart grigio topo (ehehehehe) direzione Vauxhall Bridge. Avevo appena lasciato Victoria Station e qualche sentimento si trascinava ancora dentro di me. Tuttavia non c’era molto spazio per facili commozioni in quanto Ring Road è una trappola mortale per lo sfortunato automobilista che si vede paventato ovunque il pericolo “congestion charge” (carta imprevisto numero uno: se passate per la congestion area pagate 8 gbp). Quindi guidavo, in automatico e a radio spenta (niente Capital Breakfast Show con Johnny e Lisa), concentrato e senza “navi” (mappe troppo vecchie che non avevano ancora appreso i nuovi divieti), a 30 miglia orari regolari, tenendo sempre la coda dell’occhio sui pazzi van bianchi di idrauilici e piastrellisti nonché sui tassisti pronti a rivendicare sempre il proprio territorio, la propria strada del cazzo (road rage delights). Però...però...però l’attenzione non basta mai!
All’improvviso il van blu di Pimlico Plumber davanti a me ha cambiato corsia in maniera repentina (avrei potuto suonare il clackson, sarebbe stato un mio diritto che avrei esercitato con il compiacimento di chi mi seguiva) per evitare quello che si ergeva oramai solo davanti a me (carta imprevisto numero 2): una  maestosa e ripugnante montagna di sterco (comunemente chiamata "merda") di cavallo che Dio solo sa da dove era venuta fuori (beh non è difficile immaginare eh!). Distanza di sicurezza tra me e la...ehm... merda (oui, je parle français) non ce n’era, non avevo voglia nemmeno di finire fotografato da una delle innumerevoli “traffic enforcement camera” e quindi...splash!!!

In fin dei conti fin da piccolo mi sono sempre sognato così, “una pianura sterminata e deserta, centocinquanta figli di puttana scatenati a cavallo da una parte e dall'altra parte io, solo”. Peccato che il Mucchio Selvaggio era già andato via...e non erano in 150...ma 26...26 cavalli che devono aver preso freddo alla mattina, che da bravi cavalli della fanteria di sua Maestà e con vero spirito da camerata, avevano deciso di farla tutti assieme. Mi immagino già l’ordine loro impartito...

Ps: ieri sera le CCTV di Salisbury sono andate in delirio quando hanno visto una Smart grigio topo (ehehehehe) sfrecciare contromano per le vie del centro. Carta imprevisto numero 3: Andate in prigione direttamente e senza passare dal via?

mercoledì 2 giugno 2010

STN - TSF

Trofeo Abarth 500 GB
Ogni volta che Joel Duloz, Mr. Duloz, era costretto a volare per lavoro, la notte non era mai abbastanza per dormire. L'angoscia di non sentire la sveglia, la mancanza di sonno, la gentilezza dell'autista che alle 3 della mattina è solo impertinente, l'incombere di meeting patetici con uomini di affari che in un mese guadagnano quanto lui in un anno, gli hanno sempre messo uno stato di malumore "irrequieto". E ciò non era bene. Ogni volta che l'aereo era in fase di decollo, proprio quando la potenza sprigionata dai motori era la massima, quando la tensione era a mille perche' un minimo errore poteva causare un disastro, Mr. Duloz chiudeva gli occhi e pensava, anzi sperava, che quello fosse il suo ultimo viaggio. Pensava che se proprio doveva morire in aereo, sperava che questo avvenisse in fase di decollo. O in fase di atterraggio. Tuttavia Mr. Duloz non aveva paura delle turbolenze. Mr. Duloz le affrontava sempre con molta filosofia. A Mr. Duloz non piaceva l'idea di morire in volo. Pensava che il precipitare fosse solo per le persone coraggiose.