martedì 31 agosto 2010

Suntoucher

Mezza pinta è la nuova parola magica. Come il mio nuovo strano appuntamento a St. James Park, almeno una volta la settimana, entro le sette altrimenti trovo il cesso chiuso. E scarico il dovuto liquido.

Tuttavia rimane sempre un parco grazioso, che ha accompagnato spesso la mia pausa pranzo. Un piatto di pasta per asporto tra le gambe, parmigiano on the top, e la ruota alle spalle. Fiera che si va, ruota che si incontra, ovvio...

Cammino verso il ponte che taglia a metà la pozza, in mezzo a fotografie composte in maniera banale (ma i ricordi non lo sono mai), in mezzo ad animali che dovrebbero solo vergognarsi per il loro vile servilismo, in mezzo a zaini e borse che si muovono accanto a coppie pallide senza passione. Troppa poca passione. Tanti, troppi momenti sprecati. Tanto meglio. La passione, forse, se la tengono solo per leggere libri totalmente inutili. Meglio ucciderla. Perché la passione vela la mente e la può fare svenire. Come la novalgina, che butta giù la pressione quando si ha la febbre alta. E una vita senza Bullet Points non è una vera vita British.

E poi, attraverso la strada del fato, sfiorando l’acqua che sgorga timidamente da una fontana e giungo al cancello che ogni volta mi ricorda il passaggio di via Vescovado (primo rito dell’età “moderna” ovvero fare le corna in tasca pregando così di non essere interrogato alla mattina) e che mi allontana sempre da “qualcosa”. Tutto scorrere lentamente, anche il sangue (cose difficili).

Tant’è che aspetto la mia metro con serenità. La mia metro, verso la destinazione a cui voglio andare. Non è mai la prima a caso che capita. Non mi faccio prendere dalla frenesia. Aspetto, ai bordi della pensilina. Guardo, sono spesso circondato dalla solita massa. Aspetto la metro che io sceglierò e che mi porterà a casa.

Voglio la metro di nicchia, che mi faccia vedere le bucce d’arancia sul Tamigi.

domenica 22 agosto 2010

Este Maldito Humo.

Il sole delle sette di sera mi acceca. Entra violento dal finestrino, subito dopo Fulham, quando si esce di nuovo all’aria aperta. Amo il calore di questo sole e i colori che riempiono questo momento. Io amo. Amo la sensazione di essere dentro una vecchia foto polaroid, i cui colori sono oramai sbiaditi e tendono ad una unica tonalità, tra leggere sfumature. Pochissima nitidezza, contorni spappolati, aberrazioni cromatiche. Ma rimane sempre una bella immagine, molto carica di energia, soprattutto perché il corpo, e l’animo, ne ha veramente bisogno, dopo una giornata in ufficio. Il corpo sta zitto, non chiede ristoro, lo aspetta. “Tutututu” come quando il dottor Freeman ricarica la sua HEV suit...Aaah fully recharged.


Potesse l’uomo essere capace di riprodurre quell’immagine, diventerebbe un santino da tenere in portafoglio o dentro il cassetto. Con proprietà taumaturghe capaci ovviamente di alterare la percezione della realtà. Quando la banalità dispensa felicità.

Infatti quasi danzo, leggiadro, circondato da mille riflessi, mi muovo, mi emoziono ma in realtà è come se tutto rimanesse fermo. Addirittura le stazioni successive arrivano all’improvviso, e se non fosse per la bellezza del fiume che si manifesta davanti a me e che mi risveglia, correrei il rischio di arrivare a Wimbledon. Quella massa di acqua schifosa ha il suo fascino, ogni tanto. Un fiume vivo il Tamigi. E quindi ogni tanto pure lui ha bisogno di sedurre.

E il profilo di Puney Bridge, al tramonto, i suoi lampioni che si ergono dritti tra gli autobus a due piani, i riflessi e le ombre sull’acqua sono già piccoli frammenti, ricordi che porterò dentro. Magari non un tatuaggio, ma una cartolina che, ogni tanto, amerò guardare, incurante di rovinarla.

martedì 17 agosto 2010

Vegetable Moussaka

Rientrato. Sano e salvo. Per fortuna giorni di sole, di felicità e anche, diciamo senza tanti patemi, spensieratezza e agiatezza. Oggi però primo giorno di scuola. Solita minestra riscaldata fatta di metro e acquetta putrida per strada. In alcuni punti è meglio cambiare marciapiede altrimenti gli schizzi delle pozzanghere rimangono verdastri sul completo da uomo. A volte lo indosso, anche quando non è necessario. Dipende da come mi sveglio. A volte mi sento sportivo e la mia pelle vuole sentire la sensazione che solo il jeans sa dare. Altre volte mi sento "diverso" e quindi so diventare molto elegante.

Dopo dieci giorni ho di nuovo allacciato l’orologio al polso. Un peso sinistro divenuto quasi sconosciuto. Ora ho solo paura che mi tolga l’abbronzatura. In confronto al pallore quotidiano che mi circonda mi sento molto cioccolata. Non come quella fondente che vendevano in gelateria. Buona, certamente, ma io preferivo il pistacchio. Mai mangiato di così buono. Morbido e cremoso. Come un Cohiba Esplendido.

Ringrazio, per quei giorni. E per non avere incontrato questa mattina facce piangenti in metro. Sono terribili. Soprattutto quando ci si sveglia con il piede sbagliato e non si ha voglia di scendere dal letto e affrontare la giornata. Incontrare qualcuno che piange in metro, alla mattina, verso la City, è una piccola pillola indigesta. Pensare che c’è qualcuno che sta peggio, non fa bene, è solo zucchero che addocisce un amaro risveglio. È un colpo allo stomaco che può far barcollare. Soprattutto perché ci si accorge che attorno a queste situazioni esiste una indifferenza ridicola. Ci si nasconde infatti dietro un libro, un giornale o si abbozza un finto sonno. Ovvio che io invece elemosinerei solo un abbraccio.

Stamattina è dunque andata bene. Ehm...Sarà perché leggevo un libro? O Sarà perché le porte della metro si sono fermate esattamente davanti a me? Avevo di fronte a me la fessura nera. Una posizione del cazzo per chi come cerca sempre di prendere l'autobus al volo. In una frazione di secondo, se non si vuole essere travolti da chi scende, si deve scegliere se spostarsi a destra o a sinistra. E qualunque sia la scelta, so già che non sarà mai quella giusta perché ci sarà sempre qualcuno in mezzo alla palle. La posizione migliore è stare un attimo defilati, assumere la posizione da "calcio d'angolo", smarcarsi e entrare dritti nel centro. La peggiore vicino alla corrozzeria, ai margini della porta. Ci si sporca la giacca stando lì. E lo so che ora non si capisce nulla di quello che scrivo. Ma sono già avanti, ho altro per la testa. Ovvero la scelta di cosa mangiare a pranzo.

Oddio, la scuola è iniziata veramente.